Skip to content

Noi e il tipo di bilancio politico del processo della rifondazione comunista: per un uso corretto e coerente dell’autocritica (senza autoflagellazioni)

Pubblicato in Tribuna congressuale

Il dibattito nella tribuna congressuale mi sembra che non decolli (al momento in cui scrivo, tre interventi) non so se per la calura estiva o per un “effetto collaterale” del carattere prevalentemente unitario delle tesi.
Sono uno dei firmatari di tesi alternative ma questo elemento non lo vedo come un fattore limitante della mia libera partecipazione al dibattito come, invece, è spesso successo nella nostra storia (se eri un “cossuttiano” dovevi difendere determinate posizioni, se eri trotskista ne avresti dovute difendere altre e così via).
Penso che il confronto fuori da gabbie predeterminate (commissione politica, organismi ufficiali) possa essere più proficuo.

Veniamo, ora, al merito di questo breve intervento dove, per essere quanto più chiaro possibile, ricorrerò a vari esempi.
La speranza, in questi casi, è quella che chi legge non si attacchi all’esempio in quanto tale ma all’insieme del ragionamento che si intende portare avanti per evitare il triste fenomeno del rapporto tra il dito e la luna, naturalmente sono convinto che questa mia speranza non andrà delusa.

E’ naturale che, essendo un Partito con 30 anni di vita (io faccio parte di quelli che ci stanno dal Movimento per la Rifondazione Comunista) si verifichi la famosa dinamica della “lingua batte dove il dente duole”.
Legittimamente, in più di un’occasione, ci chiediamo come fare il bilancio della nostra pluridecennale esperienza:
ad esempio, accentuiamo gli aspetti soggettivi imputando tutti (o quasi) gli errori a questa o quella parte del gruppo dirigente, oppure contestualizziamo e diamo il giusto peso agli aspetti oggettivi?

La scelta tra i due tipi di bilancio, ovviamente, non è indipendente dalla sede in cui lo facciamo:
se fossimo in una sede storica dovremmo dare molto più spazio agli aspetti oggettivi, in sede politica, invece, pur senza ignorare gli elementi di contesto, i fattori soggettivi – che mai vanno confusi con derive personalistiche – diventano più importanti.
Tuttavia, ritengo che nel nostro caso sia di maggior rilievo un altro aspetto:
la coerenza rispetto al bilancio che si fa o ad una parte dello stesso.

Di nuovo qualche esempio:
nel passato, più di una volta, ci siamo autocriticati rispetto alla partecipazione al Governo Prodi.
Siamo stati sempre coerenti con tale autocritica?
Francamente penso di no, perché oscillazioni di linea abbiamo continuato ad averli come nel caso dell’atteggiamento inizialmente cauto rispetto al secondo Governo Conte o la sottoscrizione di certi appelli da “Annibale alle porte” o le sbandate sul terreno elettorale in questo o quel territorio.

E ancora: nell’ultimo numero di “Su la Testa” il compagno Ferrero, a proposito del dopo-Genova 2001, critica il fatto di “aver pensato di poter far vivere l’alternativa dentro l’alternanza. – E’ stato un errore drammatico e a vincere è stato il bipolarismo e il liberismo”.
Pure questa affermazione è importante e piena di indicazioni che andrebbero sviluppate ma, ormai. le nostre, in alcuni casi, mi sembrano più “lacrime del coccodrillo” che autocritiche, insomma, a volte, mi assale il dubbio se non abbiamo svalutato l’importante strumento dell’autocritica.

E’ chiaro che non è in discussione la buona fede e la sincerità dell’autocritica di questo o quel compagno, ma le perplessità dipendono dal fatto che non si comprende se determinati spunti autocritici attraversino o meno e vengano fatti propri dal corpo del Partito e da ciò un problema, oltre che di coerenza, anche di credibilità dell’autocritica.
Quindi, per me non c’è tanto il problema, come pensano alcuni compagni, che non c’è autocritica, io sento molto l’insufficienza qualitativa della stessa e la sua relativa scarsa profondità.

E ancora, rispetto all’esperienza di PAP e, in misura diversa, rispetto al Coordinamento delle sinistre di opposizione nel nostro Partito abbiamo avuto atteggiamenti opposti: compagni che vi si sono “buttati” dentro e altri abbastanza ostili.
In simili casi, è sufficiente criticare entrambe queste posizioni senza comprendere che si alimentano a vicenda?

Questo fenomeno non è presente anche nella simmetricità di alcune tesi alternative? (Siccome alcuni compagni hanno fatto la tesi alternativa su un determinato argomento, altri si sentono “obbligati” a produrre la propria tesi alternativa sul medesimo argomento).
Finchè non riusciamo a spezzare queste correlazioni non riusciremo a liberarci degli aspetti peggiori dello spirito correntizio ancora ben presente al nostro interno nonostante il documento congressuale unitario e, pertanto, non giungeremo all’auspicabile rimescolamento interno delle carte.

Per concludere, qualche cenno sulla mia Federazione napoletana:
da qualche anno ne sono il segretario e ho tentato, nonostante i miei limiti e insieme a pochissimi compagni, di rilanciare il Partito e ci sono riuscito molto parzialmente, ma il “prezzo” è che oggi non mi sento in sintonia con i comportamenti organizzativi di quasi nessun compagno.
Siamo senza un corpo militante e la nostra crisi è maggiore di quella di altre Federazioni perché siamo stati tra i più “governisti” (al Comune, nell’allora Provincia e alla Regione per anni con nostri Assessori) e ciò in certi momenti ha favorito la nostra crescita, in altri, come quello attuale, ha aggravato la nostra crisi.

Non a caso, uno dei maggiori opportunisti che ha frequentato il nostro Partito – Gennaro Migliore – viene dalla mia Federazione.
Penso che, nonostante le nostre difficoltà, il rinnovamento sia una necessità e non soltanto una scelta, per quanto mi riguarda favorirò il ricambio nella struttura dirigente ad iniziare, ovviamente, dal mio ruolo di segretario provinciale.
Non è il momento dell’ “usato sicuro” anche se non intendo autorottamarmi.

Rosario Marra
Napoli 18/08/2021

app RIFONDAZIONE