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Tesi 14 – Enti Locali e lotta per i diritti delle cittadine e dei cittadini

Pubblicato in Tesi

Alla crisi del 2008 si è risposto con l’austerity neoliberista cominciata con i governi Berlusconi- Tremonti, e proseguita con Monti e i governi successivi, che ha comportato massicci tagli dei trasferimenti agli Enti Locali (oltre al welfare e alla spesa pensionistica) e una forte pressione verso l’ulteriore privatizzazione dei servizi. Solo fra il 2009 ed il 2011 sono stati tagliati 40 miliardi di trasferimenti.
Gli Enti Locali hanno sempre più difficoltà a chiudere i bilanci mentre l’aumento delle tariffe dei servizi a domanda individuale pesa fortemente sui redditi della classi popolari. La riduzione dei trasferimenti, l’aumento fisiologico dei costi ed i maggiori impegni procurati dal rinnovo dei contratti del pubblico impiego, porranno i Comuni nel prossimo triennio con bilanci ridotti assolutamente non sostenuti adeguatamente dallo stato (per il 2020 meno di 5 miliardi di euro). Oggi circa un comune su otto è sull’orlo di dichiarare il dissesto non essendo in condizioni di approvare un bilancio. La stessa deregulation urbanistica nel corso degli anni ha arricchito gli interessi forti mentre sugli enti locali e le comunità sono ricaduti i costi in termini di dotazioni e servizi. Il blocco del turnover ha portato a una fortissima carenza di personale anche negli enti locali e a un mancato aggiornamento delle competenze riducendo ulteriormente la capacità di rispondere alle esigenze della cittadinanza.
Il calo della produzione e dell’occupazione rende più drammatico il costo sociale di una politica di risanamento solo monetaria dei conti pubblici, rispetto all’esigenza di equità sociale e di rilancio dei consumi interni accentuando gli errori della politica economica già portata avanti dai tecnocrati come Padoa Schioppa durante il governo Prodi ed poi rilanciata da Tremonti.
Pur avendo consapevolezza di questa situazione vanno sviluppate vertenze che assumano anche gli enti locali e le regioni come riferimento/controparte per affermare dal basso i propri diritti, per incrementare la spesa sociale e rivendicare spazi di partecipazione, chiarendo che il raggiungimento di questi obiettivi e in genere l’efficacia delle lotte per il potenziamento del welfare sono strettamente collegati col superamento dei vincoli del patto di stabilità che quindi è un nostro obiettivo strategico.
La sospensione da parte della Commissione Europea del patto di stabilità a livello comunitario, pur con i suoi aspetti contraddittori, è un’occasione per battersi a livello nazionale per un formale prolungamento della sospensione del patto, almeno fino a dicembre 2023, costruendo in questi mesi una mobilitazione, con l’ ANCI e soprattutto con la Rete delle Città in Comune, tesa ad imporre una nuova strategia che ne definisca il superamento definitivo puntando su una reale autonomia finanziaria degli Enti Locali.
Gli Enti Locali, comuni, province e città metropolitane, sono stati oggetto in questi anni di profonde trasformazioni legislative, dalla elezione diretta dei sindaci alla modifica del titolo V della Costituzione, che ne hanno depotenziato il ruolo, variandone in senso fortemente negativo le funzioni dei propri organi di governo, accentrando il livello decisionale sul sindaco e le giunte ed indebolendo le funzioni del Consiglio, organo istituzionale centrale per la gestione democratica, rappresentativo della collettività locale. Il taglio del numero dei componenti dei consigli abbinato alla legge maggioritaria, con l’innalzamento di fatto della soglia di sbarramento ha determinato anche una riduzione della rappresentatività dei consigli che si accompagna allo svuotamento delle materie di competenza dei consigli e alla riduzione anche del loro potere di controllo. Il taglio della democrazia è andato di pari passo con la riduzione dei trasferimenti e l’esternalizzazione e privatizzazione dei servizi pubblici essenziali.
L’analisi sullo stato dei Comuni non può prescindere dalla considerazione sulle controriforme che ne hanno fortemente ridotto la rappresentanza e ridisegnato il ruolo.
Anche l’abolizione del suffragio universale per le elezioni dei consigli provinciali raffigura un’ulteriore riduzione della democrazia. La finta e demagogica abolizione delle Province si è tradotta in realtà nell’abolizione dell’elezione popolare dei consigli, declassandoli in assemblee elette con sistema di secondo livello. La sconfitta nel 2016 del referendum costituzionale proposto da Renzi imporrebbe di restituire a cittadine/i il diritto di voto.
Il declassamento delle Province ha, di fatto, determinato un grave vuoto istituzionale rispetto alle funzioni precedentemente esercitate da questi enti territoriali di area vasta, in ambiti centrali quali: edilizia scolastica e diritto allo studio, infrastrutture stradali, pianificazione territoriale, tutela dell’ambiente e del territorio ecc.
Occorre aprire una nuova stagione di lotte per il ripristino della centralità delle assemblee elettive nei comuni e nelle città metropolitane e per la ricostituzione delle province, nelle quali gli organismi istituzionali ritornino ad essere eletti direttamente dai cittadini.
Il Prc, a partire dalla propria presenza negli EELL, deve costruire iniziativa politica volta ad accentuare il carattere di centralità dei consigli evidenziando l’incongruenza democratica dell’attuale assetto istituzionale.
Oggi l’Ente Locale, soprattutto dove non è presente una rappresentanza della sinistra di alternativa, schiacciato dalla mancanza di risorse, troppo spesso vede il suo ruolo ridotto a mera cinghia di trasmissione e attuazione delle scelte dei governi centrali: si pensi agli interventi sulla casa (fondi nazionali), sulla sanità (potestà regionale) e a strumento al servizio degli interessi forti locali.
La privatizzazione dei servizi pubblici essenziali (acqua, rifiuti, trasporto pubblico) non solo ha comportato un rincaro generalizzato delle tariffe, ma ha privatizzato anche le scelte di sviluppo e di controllo della gestione.
Il Comune rimane l’istanza più vicina al cittadino e per questo è prioritario renderlo nuovamente permeabile ai conflitti e ai bisogni popolari. L’azione che riguarda gli enti locali non può mai essere fine a se stessa ma deve essere uno dei livelli della ricostruzione del nostro radicamento sociale, per dare voce ai bisogni popolari, costruire comunità, difendere ambiente e beni comuni. Gli enti locali e le regioni prima che luogo della rappresentanza sono terreni di lotta e della sperimentazione e costruzione di alternative.
Nella realtà, le istituzioni locali, per quanto compromesse dall’insufficienza delle risorse messe a disposizione continuano a svolgere una funzione nella determinazione degli standard di vita (servizi sociali, diritto all’ abitare, ambiente, scuola), nella costruzione del consenso politico e nella lotta fra le classi sociali.
Per un Partito che fra i suoi compiti voglia inoltre articolare, in chiave di lotta, pratiche sociali e di mutualità solidaristica vertenziale, per dare risposte concrete ai bisogni effettivi di cittadine/i, gli enti locali possono diventare strumenti utili per dare visibilità a vertenze e ottenere obiettivi concreti. Laddove siamo presenti i nostri eletti debbono essere punto di riferimento conflittuale, laddove non abbiamo eletti dobbiamo attrezzarci dal punto di vista vertenziale e propositivo.
In questo contesto, positiva è stata l’esperienza della Rete delle Città in Comune, che come PRC-SE abbiamo contribuito a costruire e a rafforzare sviluppando campagne nazionali (ultimamente ad es. contro ogni tipo di autonomia differenziata). In molte realtà comunali liste di sinistra, civiche ed ambientaliste, costruendo dal basso programmi legati alle lotte sociali locali di comitati e di movimento, hanno trovato nella Rete delle Città in Comune l’unità d’azione nell’agire. Spesso tali liste nelle amministrative degli ultimi anni sono riuscite a ottenere risultati utili. Su questa strada il PRC SE deve continuare a lavorare.
All’interno e nei confronti degli Enti Locali Rifondazione Comunista deve sempre svolgere una iniziativa antifascista e antirazzista contestualmente alla sua battaglia contro i governi e le politiche neoliberiste.
Le difficoltà del nostro partito e della sinistra radicale e le leggi elettorali maggioritarie non implicano che si debba rinunciare a costruire le condizioni per partecipare alla competizione elettorale. Bisogna lavorare, come partito, per contribuire a processi che – a partire da un programma condiviso e partecipato dal mondo dell’associazionismo, dai movimenti, dall’ambientalismo, dal sindacalismo di classe e dalle forze politiche della sinistra – anche a dimensione civica pongano le basi per costruire aggregazioni di alternativa capaci di diventare punto di riferimento per settori sociali larghi.
DEMOCRAZIA E PARTECIPAZIONE
La partecipazione e il controllo dei cittadini e dei lavoratori nella determinazione dei bilanci, nella pianificazione urbanistica e territoriale, nell’organizzazione dei servizi e nella gestione dei beni comuni sono insieme alla ripristino della centralità delle assemblee elettive e di una legge elettorale proporzionale richieste imprescindibili per la democratizzazione degli enti locali e l’avvio di processi di socializzazione.
Occorre però prendere atto che le pratiche partecipative sperimentate in passato, nate dalla grande esperienza del bilancio partecipative di Porto Alegre, sono state spesso cancellate o svuotate da “finte” pratiche calate dall’alto. La crisi dei movimenti e della sinistra radicale non ha permesso il rafforzamento di queste importanti esperienze che pur rimangono strategiche per la democratizzazione degli enti locali.
La trasparenza, come il coinvolgimento della cittadinanza e la tutela degli interessi collettivi, è sempre più limitata da pratiche e procedure di governance che sostituiscono i percorsi democratici. Il diritto alla città si afferma attraverso la partecipazione e il conflitto.
Bisogna porre al centro delle nostre piattaforme programmatiche forme di bilancio partecipativo, di partecipazione dei cittadini alle scelte urbanistiche e ambientali, di controllo sulla qualità delle opere pubbliche, di consultazione popolare.
In conclusione le nostre priorità strategiche per una politica di sinistra antiliberista negli Enti Locali si possono così riassumere:

  1. reinternalizzare, ripubblicizzare, trasformare le società partecipate da spa in aziende speciali pubbliche (l’esperienza di Napoli sull’acqua è esemplare in tal senso). Difendere la gestione pubblica, in particolare dei servizi e dei settori strategici come quelli dell’acqua pubblica, dell’energia, dei trasporti e della gestione dei rifiuti, preservandoli dalla logica della privatizzazione finalizzata al profitto, sostenuta dai governi centrali.
  2. Ripubblicizzare ove possibile, acquisendone in pieno la gestione, le attività nel settore dei servizi sociali, oggi in gran parte esternalizzate e svolte dagli operatori del privato sociale e comunque battersi per la qualità del lavoro e dei servizi. Realizzare forme di partecipazione e controllo sui servizi erogati.
  3. Attuare una svolta ambientalista e di valorizzazione urbanistica ecocompatibile del territorio nella riorganizzazione delle città a consumo di suolo zero, che intervenga per la riqualificazione dei quartieri e delle aree periferiche. Piano nazionale di finanziamenti per la riqualificazione degli aggregati urbani sperimentando programmi di partecipazione per l’individuazione di piccoli interventi di verde di prossimità con le “oasi del verde per l’incontro e la socialità”
  4. Creare localmente un ambiente economico e sociale che favorisca la realizzazione di posti di lavoro buono, nel welfare di prossimità e nei servizi, a partire da modelli gestionali che favoriscono l’occupazione rispetto agli investimenti in grandi impianti (esempio la raccolta porta a porta).
  5. Diritto alla casa significa garantire il passaggio da casa a casa con un piano straordinario di implementazione degli alloggi riconvertendo il patrimonio a qualunque titolo pubblico compatibile con la residenza; realizzare un piano di solidarietà nazionale con grandi enti pubblici e privati (banche, Inps) per la messa a disposizione dei Comuni di appartamenti in affitto a prezzi popolari, -per fronteggiare l’emergenza abitativa e il dramma sfratti- e prevederne anche la requisizione per motivi di ordine sociale; avviare programmi di rigenerazione urbana prevedendo il riuso del patrimonio pubblico per il diritto alla casa e il diritto all’abitare che significa spazi per servizi sociali e attività di quartiere, e luoghi di aggregazione sociale e di comunità.
  6. Promuovere l’economia circolare ed affermando un modello di sviluppo di produzione ecologica, che valorizzi le risorse locali, tuteli l’ambiente e la salute dei cittadini-fruitori.
  7. Realizzare un nuovo modo di vivere e di organizzare la vita collettiva che parta dalla necessità di affermare la differenza di genere e dal contrasto di ogni discriminazione.
  8. Realizzare una città aperta a lavoratrici e lavoratori provenienti da altri contesti culturali e spesso ormai stabilmente presenti nel paese che sappia offrire politiche sociali inclusive, secondo il principio che ogni persona è migrante e ogni migrante è cittadino/a.
    Per restituire agli enti locali capacità di rispondere ai bisogni collettivi dobbiamo rilanciare la lotta per l’abrogazione del pareggio di bilancio in Costituzione imposto con il novellato art 81, contro cui vanno costruite le condizioni favorevoli per un referendum abrogativo.
    La lotta per un rinnovato ruolo degli enti locali e un nuovo municipalismo è per noi strategica sul piano democratico, sociale e ambientale.

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