Abbiamo considerato positivamente la scelta di fare un congresso unitario con un documento unico a tesi ed emendamenti. Lo sforzo generoso fatto in questi anni da militanti e dirigenti, dai circoli, le Federazioni, i Regionali e il Nazionale per riuscire a mantenere in vita il nostro Partito, non meritava un dibattito divisivo. Ne probabilmente lo avremmo sopportato. Rimaniamo una delle poche forze politiche che è riuscita a resistere e a mantenere una presenza viva nonostante la mancanza di una rappresentanza istituzionale.
Il Documento congressuale, ancora una volta troppo lungo e spesso ripetitivo, rappresenta abbastanza fedelmente lo stato e i limiti della nostra elaborazione collettiva di cui ci sentiamo anche noi parte e responsabili. Ribadisce un impianto programmatico valido e serio. E su cui anche al nostro interno ovviamente vi sono valutazioni diverse e un dibattito aperto. In particolare sul modo per rendere più efficace la nostra opposizione alle politiche antipopolari messe in atto negli ultimi vent’anni dall’Unione europea. Non era realisticamente pensabile che questo congresso potesse affrontare il gigantesco tema teorico e pratico della Rifondazione Comunista. Ne che riuscisse a fare passi avanti sulla questione più importante della situazione italiana; l’anomalia di un Sindacato sostanzialmente complice di governi e padroni senza che ancora si delinei un cambiamento di rotta, né un’alternativa sufficientemente forte e organizzata. Così come manteniamo un ritardo nella comprensione delle modifiche avvenute nella società italiana. Tuttavia perlomeno viene ribadita la nostra alternatività al Pd e alle forze che sostengono il liberismo e le privatizzazioni.
Abbiamo deciso tuttavia di proporre al dibattito pre e post congressuale questo sintetico contributo perché abbiamo constatata una sottovalutazione dei documenti congressuali sullo stato reale del Partito, la mancanza di una proposta di intervento adeguata, energica e tempestiva.
Nel 2019 abbiamo perso quasi la metà degli iscritti. Siamo ormai meno di 10000. La nostra presenza tra i giovani è quasi inesistente. L’età media degli iscritti è piuttosto alta. Se non si interviene subito il prossimo congresso rischia di essere quello in cui Rifondazione si scioglie o si trasforma in una mera associazione.
Sarebbe un grave colpo per la classe lavoratrice italiana. Nella storia del movimento operaio italiano infatti le forze che sono riuscite a esercitare una effettiva funzione storica di massa non sono molte. Il Psi fondato da Andrea Costa, il Pci nelle sue varie fasi e per l’appunto Rifondazione Comunista che di quella storia si è fatto continuatore pur nella innovazione impedendo a padroni e fascisti di considerare l’esperienza del comunismo italiano talmente infausta da non avere eredi.
In diversi momenti in questi nostri 30 anni di vita siamo stati decisivi per mantenere nel nostro paese non solo una idea autentica di Sinistra, una coerente politica antifascista, un ambientalismo serio, ma siamo stati protagonisti di tante battaglie che hanno frenato gli innumerevoli attacchi alle conquiste del movimento operaio e ai diritti sociali, democratici e civili della nostra Costituzione Antifascista. Pensiamo ai 13 milioni di voti per l’estensione dell’articolo 18.
Così come la nostra uscita dalle istituzioni ha accelerato le tendenze più retrive e reso possibile il marchionismo, così la nostra fine produrrebbe un ulteriore indebolimento della nostra classe e quindi complessivamente della stessa democrazia. D’altronde le innumerevoli scissioni e diaspore comuniste che ci hanno indebolito non hanno in questi ultimi 13 anni visto nascere forze significative nella sinistra di alternativa. Ai tanti che ci hanno lasciato possiamo quindi rivolgerci realisticamente con iniziative unitarie che riaprano un processo di riunificazione nell’impegno comune contro l’arroganza padronale.
Nel prossimo anno pertanto ci dobbiamo assumere la responsabilità di rilanciare il nostro Partito difendendo alcune caratteristiche che lo rendono unico del panorama politico italiano.
Innanzitutto mantenere razionalizzandolo il nostro insediamento territoriale. Cioè centralità alla tenuta dei circoli. Significa non lasciare da soli i segretari, ma laddove è necessario essi vanno sostenuti da dirigenti dei livelli superiori i quali comunque devono partecipare praticamente alla vita del proprio circolo.
In via transitoria e almeno fino a che potremo disporre del 2 per mille i circoli in difficoltà economica (cioè praticamente tutti) possono versare al nazionale la sola quota di 5 euro della tessera. Le attività di autofinanziamento devono essere organizzate principalmente dalle articolazioni meno deboli: Federazioni, Regionale e Nazionale. Il nostro crollo del tesseramento è dovuto soprattutto alla chiusura di circoli.
A tal fine vanno organizzate entro la primavera del 2022 Conferenze regionali di Organizzazione e alla fine dell’anno una Conferenza nazionale che faccia il punto della situazione e proponga anche eventuali modifiche statutarie da votare al Congresso da svolgersi entro il 2023. Si tratta di verificare la possibilità di sperimentare nuove soluzioni, come cellule ecc.
Le compagne devono poter verificare che a ogni proposta concreta corrisponda una possibilità materiale di maggiore partecipazione delle donne alla vita del Partito.
La questione dei giovani deve essere al centro, insieme ai problemi di tesoreria, di ogni riunione esecutiva del nostro partito. Non possiamo lasciare i nostri giovani da soli a gestire la pessima eredità che gli abbiamo lasciato. L’autonomia delle giovani e dei giovani comunisti va supportata in ogni modo.
Rilanciando anche un profilo chiaro, netto, comprensibile del nostro progetto politico e della idea di società che abbiamo. Alla domanda che cosa è oggi Rifondazione Comunista, cosa vogliono i giovani comunisti va data una risposta esaustiva: un lavoro stabile, sicuro, dignitoso.
Chiediamo pertanto che venga data attuazione all’ordine del giorno, che alleghiamo, presentato dal nostro circolo allo scorso congresso, approvato a maggioranza al congresso della federazione di Roma e assunto dal Congresso nazionale di Spoleto, ma a cui non è stato dato nessun seguito di rilanciare aggiornandolo e articolandolo territorialmente il nostro Piano del Lavoro e contestualmente lanciare una raccolta di firme per una legge che istituisca il lavoro minimo garantito, una paga oraria minima e la riduzione generalizzata dell’orario di lavoro a parità di salario. Raccolta da continuare fino al raggiungimento dell’obbiettivo.
Come ha dimostrato anche il recente attacco padronale a quella specie di reddito di cittadinanza ciò che li preoccupa davvero è la possibilità dei giovani di non accettare lavori indecenti. Ma è il Lavoro il bisogno principale che va sostenuto.
Abbiamo molto apprezzato l’impegno della Commissione nazionale Lavoro e per quel che abbiamo verificato anche di quella romana: ma non basta se non diventa la priorità assoluta di tutto il Partito, se non concentriamo su di essa le nostre forze ridotte.
Infine occorre liberarci da alcune scorie del passato che non ci hanno giovato.
Il Partito deve funzionare come l’intellettuale collettivo a disposizione della classe per combattere la guerra che i padroni hanno scatenato. Sarà la lotta, magister vitae, condotta attraverso lo studio, l’inchiesta e una disciplina consapevole a forgiare il nostro carattere, a rinsaldare i rapporti tra le compagne e i compagni, a farci diventare veramente una comunità in marcia.
L’autonomia e l’indipendenza della classe significano che il Partito deve imparare ad essere autosufficiente da ogni punto di vista, teorico, politico, finanziario. A furia di dire che non dobbiamo essere autosufficienti stiamo sparendo.
A tal fine, dopo 13 anni di tentativi fallimentari occorre tornare a ripresentare a ogni tornata elettorale nostre liste con il nostro simbolo e nostri candidati. Per la classe lavoratrice italiana un partito che non si presenta alle elezioni non esiste. Per questo quando facciamo i banchetti e i volantinaggi ci dicono che fine abbiamo fatto. Ormai per una parte dell’elettorato c’è persino nostalgia di quando almeno c’era Rifondazione.
Vanno formati compagni e soprattutto compagne per il lavoro istituzionale, così come vanno spinti i nostri iscritti a candidarsi nelle elezioni delle Rsu e in genere a essere protagonisti nell’attività sindacale.
Va da subito costituito un Ufficio elettorale nazionale che formi almeno un compagno per Regione. Non deve più succedere come è successo in Piemonte, in Abruzzo, in Umbria che non riusciamo a presentarci perché non abbiamo raccolto le firme.
Siamo orgogliosi del nostro passato di cui non smettiamo mai di valutare errori e limiti. Vogliamo lasciare ai giovani un luogo in cui immaginare e praticare la Rifondazione Comunista che come dimostrano ampiamente le vicende di questi ultimi anni è l’unico futuro immaginabile per la sopravvivenza dell’Umanità.
Ma, come è anche ben evidenziato nel nostro simbolo, vogliamo tener fede a un impegno che prendemmo trent’anni fa: dare alla nostra classe la forza che gli manca: vogliamo rifondare il Partito Comunista.
Roma, 11 Settembre 2021
Approvato all’unanimità.
L’Ordine del Giorno proposto dal nostro circolo, approvato a maggioranza al congresso romano e assunto al decimo congresso nazionale del Prc svoltosi a Spoleto nel 2017.
La proposta politica fondamentale di fase del Prc, il suo elemento strategico caratterizzante il profilo dei comunisti, da perseguire fino al conseguimento dell’obbiettivo e propedeutica ad ogni altra proposta, nonché vincolante per la costituzione delle liste elettorali alle elezioni in ogni livello istituzionale, è il Piano del Lavoro per la Piena Occupazione.
Si propone a tal fine la nomina di una Commissione con presenza significativa di giovani, con il mandato di risistemare il vecchio piano del lavoro e di redigere, avvalendosi della collaborazione di economisti e giuslavoristi, una specifica proposta di legge che istituisce il Lavoro Minimo Garantito, e fissa una paga minima oraria, al di sotto della quale sia illegale far lavorare.
La paga minima viene indicizzata con una nuova “Scala mobile”. La proposta di legge modifica sostanzialmente le leggi attualmente in vigore su pensioni, job act, buona scuola, privato sociale, ecc.
Ovviamente i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, che costituiscono lo strumento fondamentale per difendere i diritti dei lavoratori, possono solo migliorare la legge base.
L’obbiettivo fondamentale è quello di consentire ad ogni cittadino di poter lavorare per un numero di ore mensili atte a garantirgli una vita dignitosa. Questo comporterà per tutti una riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario e il rilancio del collocamento pubblico.
Il finanziamento del Piano del Lavoro viene determinato da un progressivo innalzamento delle aliquote Irpef per i redditi alti e da una legge che stabilisca un massimo alle retribuzioni e soprattutto alle pensioni.
Il Partito tutto, ad ogni livello, dovrà impegnarsi a raccogliere le firme e a coinvolgere, in particolare i giovani, sulle proposte contenute nel Piano del Lavoro, così come attraverso l’elaborazione di una politica sindacale unitaria e coerente si devono creare le condizioni per determinare nuovi rapporti di forza nella lotta tra le classi.