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Una Rifondazione Comunista per la nuova fase

Pubblicato in Tribuna congressuale

di Giovanna Capelli –

L’XI Congresso del nostro Partito è eccezionale in molti sensi, perché trova un Partito fragile con un corpo militante che ha attraversato molte sconfitte e prove, non solo elettorali, ma anche molto tenace e resistente interessato al rinnovamento della politica e alle prospettive di una società socialista, in un intreccio indissolubile fra passione, sentimenti e desiderio di approfondimento teorico .
Per liberare speranze e ragionamenti serviva un documento unitario come punto di partenza, non come formula magica risolutrice dei problemi, ma come messa in campo per la prima volta di intenzioni e pratiche comuni. Per questo il carattere unitario del documento sta trovando una grande accoglienza, si colgono in questo passaggio nuovi stili di relazione non divisivi fra i gruppi dirigenti e la opportunità concreta di un dibattito libero, non irregimentato in correnti, incentrato sui nodi reali della politica e sui destini del mondo, quindi capace di salti di qualità, di decisioni innovative rispetto alla modalità e alla forma con cui il comunismo si può presentare come necessario e desiderabile non solo ai lavoratori e alle lavoratrici e agli sfruttati e agli ultimi della terra, ma l’unica salvezza e prospettiva per tutta la umanità.
Il tempo che stiamo vivendo è politicamente denso: pandemia mondiale ancora in atto governata dagli interessi delle multinazionali farmaceutiche, che non rinunciano ai brevetti, spingono verso la terza dose di vaccino il Nord del mondo ,effetti gravissimi e precipitanti del cambiamento climatico, ritiro delle truppe Usa dall’Afghanistan e nuovi scenari della politica internazionale. Da quando si è manifestato il Covid sono passati meno di due anni ma con accadimenti e segnali talmente forti e perentori che il prima sembra passato remoto e ci immergono in una fase nuova della quale il documento congressuale non da completamente conto, nel senso che per la sua lunghezza e per la puntuale argomentazione su tutti i temi classici non emerge il punto di novità, di nostra caratterizzazione analitica, che ci permette di essere comunisti e comuniste per il futuro e di superare il ruolo di testimoni della memoria. Dunque alla fine del Congresso dovremmo mettere in rilievo questa novità della fase, quella in cui il capitalismo mette seriamente e gravemente in forse la esistenza del genere umano con la sua logica del primato del profitto in ogni campo. O si esce da questa logica o la alternativa non è solo la barbarie, la mancanza di democrazia, l’aumento delle disuguaglianze e la riedizione di nuove forme di schiavitù anche nei punti più avanzati dello sviluppo del capitalismo (Io scandalo dei pakistani sfruttati come schiavi da Grafica Veneta, leader europea della editoria è paradigmatico), ma la fine della umanità tutta. Io sento veramente ,e penso di non essere la sola, che siamo ad un punto limite di rottura dell’equilibrio naturale, alla soglia di cambiamenti pesantissimi per le generazioni future ,per la qualità della loro vita e forse della esistenza stessa della vita umana. Non è fare la Cassandra, ma mettere insieme saperi e previsioni logiche. Così si sono sentiti i miei genitori dopo Hiroshima quando da cattolici si sono spesi contro il pericolo della guerra atomica. Hanno visto e si sono mobilitati. Che cosa dobbiamo aspettare di vedere noi? Tutto il mondo sta per essere messo seriamente in pericolo da un capitalismo che in ogni sua manifestazione distrugge l’equilibrio naturale, le forme di economia e di produzione rispettose dell’ambiente e della biodiversità e continua a inquinare attraverso allevamenti intensivi, uso di energie fossili. Forse fino a qualche decennio fa qualcuno poteva pensare che i cambiamenti estremi fossero rilevabili e patiti lontano da noi da commentare guardando un documentario in cui si parla del disgelo dei poli o di qualche paese del Sud del mondo, trasformato in breve tempo dalla siccità in luogo inospitale da cui fuggire. Ma oggi nel cuore del capitalismo, a Vancouver, a Los Angeles e qui in Europa, nella ricca Germania vediamo le drammatiche conseguenze del cambiamento climatico intrecciate alla incuria del territorio e alla cementificazione. E tutto questo avviene mentre il Covid non è estirpato, diventa endemico anche per le modalità con cui i Governi del G20 sono state subalterni agli interessi delle multinazionali del farmaco, finanziando la ricerca con soldi pubblici ma accettando accordi capestro per costi e modalità di produzione e soprattutto determinando una inaccettabile discriminazione fra paesi ricchi, dove ci si può vaccinare e paesi poveri dove si è vaccinato il 2,3% della popolazione. Nello stesso tempo si è visto che anche nei paesi ricchi, come Usa e stati europei, il Covid ha generato disuguaglianze e discriminazioni perché nel tempo lungo del Covid, del suo sviluppo improvviso e della sua gestione da parte delle forze economiche e politiche neoliberiste i sistemi sanitari non hanno garantito tutti e tutte ,perché la politica ha messo sempre al centro il primato della economia e della produzione.
Se sono reali queste argomentazioni dovremo trovare il modo di presentare il comunismo come la unica strada per salvare uomini e donne e la terra che abitiamo, in fretta con forme di organizzazione politica che sappiano mettere a valore la militanza, la partecipazione, la democrazia, ma anche le potenzialità inesplorate per ora delle tecnologie digitali per le comunicazioni fra persone. Noi siamo i primi interessati a praticare questo progetto a partire da noi e per questo ci mettiamo in gioco e in cammino.
Mi si chiederà: ma la contraddizione di classe e di genere dove le collochi se parli di salvare la umanità? Fra le élites capitalistiche vi è in corso una grande scontro su come affrontare questa nuova fase, dobbiamo saperlo e avere contezza degli esiti via via di questo conflitto nel campo capitalistico ,ma anche renderci conto che anche quelle più consapevoli della urgenza del cambiamento sono assolutamente incapaci a progettarlo e a determinarlo. Solo una visione di classe e antipatriarcale si saprà sperimentare non solo nella opposizione al capitalismo, ma in una più chiara e condivisa strategia politica e sociale che mette a tema la rivoluzione nel nostro tempo, non come categoria astratta, ma guida di un agire concreto ed efficace.

se e antipatriarcale è in grado di costruire una transizione politica che separi produzione e riproduzione dalla dipendenza dal profitto. E qui le forze di classe e antipatriarcali si sperimenteranno non solo nella opposizione al capitalismo, ma in una più chiara e condivisa strategia politica e sociale che mette a tema la rivoluzione nel nostro tempo.

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