Skip to content

Tesi 8 – Per un blocco sociale antiliberista

Pubblicato in Tesi

Nell’ultimo trentennio, l’Italia ha subito un capitalismo fondato sull’accumulazione per espropriazione: privatizzazioni, esternalizzazioni e “riforme” di ogni genere hanno prodotto un gigantesco saccheggio, che ha reso più povero e ingiusto il Paese. Persino l’acqua è finita in borsa. La struttura sociale ha subito una forte polarizzazione ed un processo di impoverimento che riguarda la maggioranza della popolazione: il 5% più ricco degli italiani possiede più del 40% della ricchezza, mentre il 60% più povero ne possiede poco più del 10%.
Questo processo di polarizzazione si accentua attorno ad alcune linee di faglia assai precise: le donne i giovani e i migranti sono colpiti in modo particolare ed è cresciuto il divario nord/sud. Il grande aumento delle differenze sociali tra le classi si è intrecciato ad un processo di differenziazione disgregante all’interno del proletariato e delle classi lavoratrici.

La perdita di posti di lavoro, diritti, reddito e potere da parte del mondo del lavoro non ha però prodotto un aumento della conflittualità sociale. Viceversa, assistiamo ad un forte processo di passivizzazione. La frantumazione sociale, un generalizzato senso di insicurezza sociale, un profondo senso di solitudine e di impotenza, una rabbia sociale che nell’incomprensione delle reali cause del disagio sfocia non di rado nella guerra tra poveri e nel “si salvi chi può”: sono questi gli elementi che – accentuati dalla sindemia del Covid – caratterizzano maggiormente la condizione sociale proletaria.

Compito nostro è quindi analizzare le dinamiche oggettive ed indagare quelle soggettive, al fine di individuare le strade per costruire il blocco sociale per l’alternativa, unificando tutti i settori della società penalizzati dalle politiche liberiste. L’unità della classe lavoratrice e delle classi popolari non nasce spontaneamente dalla condizione oggettiva di sfruttamento e/o esclusione, ma è il frutto di un percorso di soggettivazione in cui ci si riconosce come appartenenti ad una classe, con interessi contrapposti a quelli di un’altra classe. Operiamo quindi per favorire l’identificazione di classe di tutte e tutti le sfruttate e gli sfruttati, per contrastare i conflitti orizzontali che dividono le classi popolari (italiani/stranieri, giovani/anziani, lavoro pubblico/privato, lavoro dipendente/autonomo), perché solo l’unità di tutti i settori popolari può darci la forza necessaria per il cambiamento. In particolare lavoratrici e lavoratori migranti costituiscono una componente essenziale della classe lavoratrice del nostro paese.
Noi rifiutiamo sia il populismo reazionario della destra sia il “neoliberismo progressista” del centrosinistra. La configurazione di un blocco popolare antiliberista dovrebbe ricomprendere l’insieme della classe lavoratrice (che non è composta maggioritariamente da bianchi, maschi, eterosessuali) e i ceti colpiti e depauperati dal neoliberismo. Bisogna connettere le lotte contro le varie forme di oppressione, sfruttamento e espropriazione che si intrecciano nella società capitalista.

Alcuni elementi che contribuiscono alla frantumazione della classe

1) La progressiva distruzione dei diritti del lavoro – che si nutre di disoccupazione, appalti, lavoro precario e servile ed assume talvolta la forma del lavoro autonomo – attraversa tutti gli strati lavorativi: dai lavori agricoli ai settori pubblici e delle “professioni”, fino a pochi anni fa considerati lavori privilegiati. La parallela e crescente distruzione del welfare e il venir meno dei diritti sociali, ha accentuato insicurezza, solitudine e frantumazione sociale e peggiorato la condizione delle donne, con un aumento del lavoro di cura che ricade sempre di più sulle loro spalle.

2) Con lo svanire dei diritti, cresce la pratica del favore, della dipendenza personale, dei ricatti. La mentalità mafiosa è diventata una modalità di gestione della dequalificazione dell’apparato produttivo del Paese, intrecciando bassi salari e super sfruttamento. In questo contesto, matura l’enorme quantità di disoccupati intellettuali che caratterizza il nostro Paese: ci impongono un sistema produttivo che non ha bisogno di intelligenze e competenze.

3) L’ideologia dominante che giustifica questa situazione è quella della scarsità, unita alla descrizione dell’Italia come un Paese sull’orlo del fallimento. “Non ci sono i soldi” è stato il refrain con cui da 30 anni le classi dominanti hanno obbligato e convinto le classi lavoratrici a fare i sacrifici. L’assunzione da parte dei sindacati confederali e del centro sinistra di questa ideologia – e la conseguente complicità nella distruzione dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori – hanno deteriorato i rapporti del mondo del lavoro con sindacato e politica, e alimentato il senso di impotenza individuale. Con l’abbandono della lotta di classe, inizia la “guerra tra poveri” e il razzismo popolare, una sorta di impotenza rabbiosa fatta di ricerca del capro espiatorio e di subalternità concreta verso i potenti, in cui riemergono le subculture maschiliste, omofobe, securitarie, propagandate a piene mani dalle destre populiste.

4) Le classi dominanti, mentre si arricchivano a dismisura e prendevano il controllo completo dell’informazione e della formazione dell’immaginario, hanno propagandato scarsità e operato per distruggere ogni possibile riferimento socialista e di classe. La distruzione del PCI da parte del suo gruppo dirigente, e la successiva campagna anticomunista, puntavano alla cancellazione dell’identità comunista, ma anche all’archiviazione della lotta di classe e dell’anticapitalismo, dipinti come elementi arcaici e premoderni. Il contesto “concertativo” e la distruzione di ogni identificazione di classe fanno addirittura mancare le “parole per dirlo”, con la perdita della consapevolezza della propria condizione di sfruttati-e. La colpevolizzazione del disagio sociale, la glorificazione del ricco e dell’impresa, caratterizzano la situazione attuale, che somiglia sempre più all’ancien regime. E’ in questa Italia che crescono le lotterie e la dipendenza da gioco, ultima frontiera di una possibile uscita dalla deprivazione, per accedere al miraggio della ricchezza.

5) L’impoverimento dell’apparato produttivo ha un corrispettivo nello sfruttamento intensivo del territorio: gasdotti, TAV, inceneritori, discariche tossiche. L’Italia – ed in particolare il mezzogiorno – tende a diventare il cortile di casa dell’apparato produttivo mittel-europeo. L’aggressione ai beni comuni e al paesaggio ha visto un’incessante cementificazione del territorio e il trionfo dell’immobiliarismo, della completa deregulation urbanistica e dello smantellamento, persino della tutela del patrimonio storico-architettonico. Vi è quindi un tratto strutturale nella distruzione del territorio dell’ambiente del belPaese.

In questo contesto, l’unità tra i proletari e le classi popolari non deriva automaticamente dall’aggravarsi delle condizioni materiali, anzi, il degrado sociale favorisce l’impoverimento culturale e il conflitto tra gli sfruttati. Basti pensare allo stato in cui versano larga parte delle periferie, ed ogni cittadina ha la sua periferia. E’ quindi necessario individuare un percorso unitario che agisca a tutti i livelli a cui avviene lo scontro di classe e la lotta per l’egemonia. Occorre allargare la nostra concezione della lotta di classe, a partire dalla condizione proletaria nella sua interezza ed articolazione. Ci poniamo questo obiettivo, consapevoli che le nostre sole forze non sono sufficienti. Ricerchiamo pertanto l’unità d’azione con chiunque sia disponibile a lavorare su ogni singolo punto di iniziativa che caratterizza la costruzione dell’alternativa.

La nostra iniziativa: A) sociale, B) culturale, C) politica

A) L’iniziativa sociale deve costruire conflitto e solidarietà.

Costruzione del conflitto nel mondo del lavoro a tutti i livelli, puntando a riattivare un tessuto di sindacalismo di classe e di unificazione tra i diversi settori produttivi. Lotta per un “Piano per il lavoro” e lotta comune tra lavoratrici, lavoratori ed utenti per l’allargamento e lo sviluppo di un welfare pubblico – a partire dalla sanità – che ricostruisca una condizione di sicurezza sociale come diritto esigibile e base per una maggior libertà delle donne. Lotta alla frantumazione del mercato del lavoro, rivendicando un reddito di base che garantisca il diritto all’esistenza a tutte/i, un salario minimo orario per tutte/i le lavoratrici e i lavoratori, la riunificazione anche giuridica delle diverse figure lavorative subordinate ed il superamento delle normative che discriminano i migranti.

Costruzione di forme comunitarie, mutualistiche, solidaristiche, di alfabetizzazione sociale, che favoriscano la rottura della solitudine proletaria, a partire dalle periferie metropolitane. Costruire un tessuto popolare “denso”, costruire confederalità sociale al fine di contrastare le politiche neoliberiste, che puntano alla frantumazione della società.

Lotta generale per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, a partire dall’abbassamento dell’età per andare in pensione, finalizzata alla redistribuzione del lavoro produttivo e riproduttivo. Lavorare meno, lavorare tutti e vivere meglio deve valere nei luoghi di lavoro come dentro le mura di casa. Come vogliamo superare le divisioni di classe vogliamo superare le divisioni sociali e gli stereotipi legati all’appartenenza di genere o al colore della pelle.

Lotta contro la devastazione del territorio e per la sua valorizzazione come patrimonio comune, su cui costruire un diverso modello di sviluppo per il nostro Paese. Lotta per la riconversione ambientale e sociale delle produzioni, al fine di instaurare una economia della cura delle persone e del territorio, una economia che abbia al centro la riproduzione sociale e ambientale e non la produzione infinita di merci in larga parte inutili e dannose. Una economia pubblica fondata sulla valorizzazione e produzione di valori d’uso, sulla demercificazione e sul comune.

Rovesciamento delle priorità fiscali: debbono pagare grandi imprese e grandi ricchezze a partire dall’introduzione della patrimoniale e della forte progressività sulle successioni ereditarie. Riduzione della tassazione per tutti i redditi medio bassi. Il fisco deve diventare elemento di unificazione popolare, del 60% contro il 10%, del basso contro l’alto.

B) L’iniziativa culturale deve rovesciare l’ideologia dominante:

Il sistema capitalistico globalizzato, che distrugge la natura e devasta le relazioni sociali, è il responsabile della crisi. Non esiste nessuna scarsità economica: la ricchezza sociale è enorme e multiforme e va redistribuito il lavoro come il denaro, dai ricchi ai popoli e dal sistema finanziario agli Stati. Questa redistribuzione è necessaria per sviluppare il welfare e praticare la riconversione ambientale e sociale dell’economia: i soldi ci sono e debbono essere redistribuiti, il lavoro è molto produttivo e deve essere redistribuito, le risorse naturali sono scarse e la natura deve essere rispettata.

Il conflitto di classe (finalizzato al superamento della logica del profitto e della concorrenza, da sostituire con la cooperazione, la solidarietà e il rispetto della natura) mostra la strada maestra per uscire dalla crisi. La concorrenza porta alla guerra e solo la cooperazione e la proprietà comune possono valorizzare positivamente l’enorme potenziale di sapere, produttività e ricchezza sociale oggi a disposizione dell’umanità. Le diseguaglianze di classe e lo sfruttamento devono essere combattute e superate, mentre le differenze di genere, religione, colore della pelle, generazione, fanno parte della varietà e della ricchezza dell’esperienza umana. La lotta di classe costruisce solidarietà laddove c’è ingiustizia, limitazione delle libertà, sfruttamento e punta al superamento di ogni forma di oppressione sociale e per questo si intreccia con la lotta al patriarcato, all’omolesbotransbifobia, al razzismo e a ogni discriminazione.

C) L’iniziativa politica deve aggregare forze

Operare per il dialogo tra tutte le istanze e i movimenti che contestano ogni singolo aspetto delle politiche liberiste, evidenziando i nessi tra i diversi problemi e le potenzialità insite nell’alleanza tra soggetti e nella costruzione di coalizioni sociali.

In alternativa ai poli politici esistenti, entrambi liberisti e subalterni al grande capitale (uno a declinazione cosmopolita e progressista e l’altro a declinazione populista e reazionaria), occorre costruire un polo politico popolare antiliberista, che unisca la lotta per i diritti di tutte/i, la difesa dell’ambiente, un modello sociale solidale e restituisca voce alle classi lavoratrici. Un progetto politico finalizzato alla riunificazione delle classi popolari, alla costruzione del blocco sociale dell’alternativa.

app RIFONDAZIONE