Draghi è stato incoronato “salvatore della patria” e l’intero arco parlamentare è accorso ad ingrossare le fila dei cortigiani. La forza magnetica del banchiere è data dalla quantità di risorse che ha a disposizione e dal fatto che le ricette che propone sul piano economico e sociale sono condivise dal centrodestra e dal centrosinistra.
Non a caso, il voto fondamentale sul Recovery Plan ha visto anche l’astensione di Fratelli d’Italia, che ha evidentemente partecipato all’azione di spartizione delle risorse che premiano in forme inverosimili il complesso delle imprese italiane, a partire da quelle più grandi. Va tenuto presente che le decisioni assunte adesso sulla spesa non sono modificabili nei prossimi anni. Si tratta quindi di un voto costituente, per quanto riguarda il programma di ristrutturazione economico- sociale del paese.
Uno spettacolo simile si registrò di fronte al governo Monti. In quella fase infatti, tutti assieme appassionatamente, dalla Meloni, alla Lega, al PD, stravolsero la Costituzione inserendovi la norma sul pareggio di bilancio. Così come l’ineffabile Meloni non ebbe dubbi nel convergere con il PD per votare la distruzione del sistema pensionistico pubblico, attuato dalla Fornero.
Molti ritengono che questa unità nazionale sia uno stato di eccezione, di sospensione della politica, di interruzione del normale corso della dialettica parlamentare.
Noi riteniamo sia vero il contrario. Come mostrano quasi tre decenni di bipolarismo, è del tutto evidente che il nucleo centrale degli schieramenti di centro destra e di centro sinistra è saldamente neoliberista. Salvo rarissime eccezioni, la regola ferrea è stata che le norme di liberalizzazione economica, di privatizzazione del welfare e di precarizzazione del mercato del lavoro hanno avuto un carattere assolutamente bipartisan. Per quanto riguarda le politiche economiche e sociali, se si guarda sotto la propaganda, è del tutto evidente che i due principali schieramenti hanno tratti assai omogenei. Sono diverse le culture politiche che caratterizzano questi “liberali” di diverse tinte, ma l’asse è chiaramente neoliberista.
Se questo è vero, i governi di unità nazionale, lungi dal rappresentare la sospensione della politica, costituiscono in realtà le fasi in cui la politica dei maggiori partiti – dai 5 stelle al PD alla Lega – emerge per quello che è: una larghissima condivisione dei punti fondamentali.
E’ piuttosto il bipolarismo e l’alternanza che si mostrano come una sorta di danza immobile, che però occupa tutto il palcoscenico della politica, scacciando chiunque la pensi diversamente. Il bipolarismo e la logica del voto utile sono serviti unicamente a cacciare dal parlamento i partiti – come Rifondazione Comunista – che si sono opposti alle politiche liberiste.
Non è un caso che la partecipazione popolare al voto, dopo l’abolizione del sistema proporzionale, sia crollata in modo drammatico. Nell’adagio popolare “sono tutti uguali”, vi è certo un cattivo costume, ma che si sorregge su un tratto di verità. Il diritto democratico viene esercitato se si ha l’impressione di poter decidere qualcosa… La morte della politica è quindi la fisiologica conseguenza del bipolarismo tra simili: una gigantesca rappresentazione teatrale che occupa totalmente lo spazio pubblico, in modo da evitare ogni alternativa, ogni cambiamento vero. Siamo tornati all’800, quando in Italia esistevano una destra e una sinistra, ma entrambe borghesi, antipopolari. Solo con l’ingresso sulla scena politica del movimento operaio e contadino, dai sindacati ai partiti socialisti, la musica è cambiata e la dialettica politica ha ricompreso la “questione sociale”.
Vi è quindi un elemento di verità – negativa ma non per questo meno vera – nel governo Draghi: evidenzia come la condivisione delle politiche neoliberiste sia il punto di unificazione dell’intero arco parlamentare, compresi coloro che si astengono più per calcoli elettorali che per dissensi sui contenuti.
In questo quadro è evidente che l’alternativa al governo Draghi e alle sue politiche dovranno essere costruite al di fuori del parlamento: è questa la sfida che si trovano davanti coloro che non condividono le politiche neoliberiste, che animano i movimenti sociali e ambientali, che lottano sui posti di lavoro e contro la precarietà, che si riconoscono in una idea di sinistra.
Costruire l’opposizione sociale, culturale e politica al governo Draghi è quindi il primo compito di Rifondazione Comunista e non è altra cosa dalla costruzione di una proposta politica di alternativa alle politiche di Draghi.
Questo chiede la costruzione processuale e democratica di una soggettività politica, sociale e culturale in grado di presentarsi come alternativa ai neoliberisti di ogni colore. Se non ora quando?