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Tesi 3 – Europa

Pubblicato in Tesi

Dopo la seconda guerra mondiale e la sconfitta del nazifascismo vi è stato un movimento che ha spinto per l’unità dell’Europa a partire da ideali progressisti e dalla volontà di preservare la pace sul continente. Non vi è però stata un’egemonia di questa ispirazione sulla concreta costruzione dell’Unione Europea che ha visto l’ideologia ordoliberista giocare un ruolo fondamentale nella definizione del suo profilo politico ed istituzionale. Niente a che fare con i principi spinelliani del Manifesto di Ventotene.

La costruzione unitaria ha avuto un deciso salto di qualità a partire dalla gestione della riunificazione tedesca, nel cui contesto sono maturati il trattato di Maastricht e la nascita dell’Euro. Lungi dal rappresentare un bilanciamento del potere tedesco, questa strutturazione istituzionale ed economica è stata da un lato plasmata attorno all’ideologia ordoliberista e dall’altro ha garantito alla principale potenza economica del continente una posizione di rendita destinata via via a rafforzarsi. Questa costruzione ha così dato vita ad una Unione Europea liberista e costruita in modo da essere irriformabile attraverso la normale dialettica politica.
Mentre le costituzioni nate dopo la Seconda guerra mondiale – segnatamente quella italiana – nascevano incorporando la centralità dei diritti sociali nell’azione dello stato, i trattati europei e la bozza di costituzione di Lisbona sono nati per garantire il libero mercato, la centralità dell’impresa e la stabilità dei prezzi, incorporando, costituzionalizzando così il peggio dell’ideologia ordoliberista. Questa non è fondata sull’idea dell’assenza dell’intervento dello stato nel mercato ma piuttosto su una idea di intervento dello stato di natura opposta a quella keynesiana. L’idea alla base della “economia sociale di mercato” è, infatti, non solo che il mercato si debba autoregolare, ma sia esso stesso l’elemento generativo e regolativo della società.

Questo progetto ha raggiunto il suo apice dopo la crisi del 2008. In quella situazione, attraverso un vero e proprio colpo di stato monetario attuato di concerto tra la Banca Centrale guidata da Draghi e la Commissione Europea a guida tedesca, la politica del rigore, finalizzata alla distruzione del welfare, al disciplinamento della forza lavoro e ad una ulteriore gerarchizzazione dell’Europa è stata attuata in modo brutale. La lettera Draghi- Trichet del 2011 detta le “le riforme strutturali” che saranno poi attuate dal governo Monti: dalla liberalizzazione dei servizi pubblici, alla riforma della contrattazione e del diritto del lavoro. Nel 2012 viene introdotto il pareggio di bilancio nella Costituzione italiana: una ferita che resta l’emblema di quella fase e di cui tutti i partiti italiani di centro destra e centro sinistra sono stati tragici protagonisti. L’esempio più drammatico dell’uso del debito ai fini di gerarchizzazione interna si è avuto con la Grecia. Le socialdemocrazie europee si resero complici della Troika nello strangolare la possibilità di un’altra Europa che il governo Tsipras aveva inizialmente aperto e che la vittoria dell’ “oxi” voleva mantenere aperta. Le conseguenze di quel ricatto sulla società greca sono note: licenziamenti, devastazione del welfare, privatizzazioni a vantaggio in primo luogo dei capitali tedeschi.
L’utilizzo della crisi finanziaria del 2008 a fini di disciplinamento sociale non ha risolto i problemi di fondo della globalizzazione capitalistica che è progressivamente entrata in crisi nel corso del decennio scorso. Processi e contraddizioni di lungo periodo sono progressivamente emersi e sono stati drasticamente accelerati dalla crisi sanitaria. Di fronte alla pandemia i nodi di fondo sono emersi in modo plastico e la stessa ideologia della globalizzazione neoliberista è andata in frantumi. Il processo di addensamento dell’accumulazione del capitale attorno alle aree continentali/macroregionali ha fatto un deciso salto in avanti.
Parallelamente, la crisi del Covid ha evidenziato le contraddizioni dell’Europa liberista e la sua completa inadeguatezza dal punto di vista istituzionale. Che un continente come l’Europa non abbia la struttura sanitaria e non produca le mascherine e i prodotti di base necessari per reagire alla sfida di una pandemia è indice di una crisi organica che mette in discussione il sistema e le élite che lo hanno governato.

In questo contesto le classi dominanti europee hanno posto in essere una strategia di governance assai diversa da quella attuata nella crisi del 2008. La lotta di classe dall’alto prosegue non più come controriforma neoliberista e dogma del pareggio di bilancio, ma come rivoluzione passiva, che usa il debito pubblico per finanziare la ristrutturazione del capitale privato e delle imprese e per prevenire il conflitto sociale, ridisegnando i rapporti di forza tra le classi. Draghi è il garante italiano di questa ristrutturazione capitalistica: il “debito pubblico buono” finanzia la ristrutturazione green e digitale delle imprese europee per renderle competitive sullo scenario globale, mentre si stigmatizza il debito cattivo, quello del welfare state e della redistribuzione. In questo modo, la Germania si garantisce non solo le esigenze di export, ma anche che una parte significativa del sistema produttivo italiano resti agganciato a quello tedesco.

I punti di fondo di questa nuova strategia delle classi dominanti europee sono:

  • Il superamento della centralità assorbente della concorrenza interna al fine di costruire un apparato industriale in grado di competere in tutti i settori con i campioni degli altri continenti.
  • La scelta di sviluppare una grande spesa pubblica in deficit al fine di far ripartire la crescita economica e di finanziare il potenziamento dell’apparato produttivo ed infrastrutturale per far fronte alla rivoluzione indotta dalla necessaria riconversione ambientale e dalla digitalizzazione dell’economia e della società.
  • La scelta dell’intreccio pubblico privato come modello privilegiato per affrontare questa fase di crisi e mobilitare risorse sufficienti agli investimenti necessari.
  • La scelta di un salto di qualità nella centralizzazione e nella dotazione dell’Unione Europea di strutture in grado di garantire la sicurezza sul piano medico e un maggior ruolo sul piano militare. Gli investimenti sul piano dell’autosufficienza dell’industria sanitaria vanno così di pari passo con gli enormi aumenti di spese in armamenti e con la spinta per la costruzione di un esercito europeo.
    Questa strategia non avviene oggi attraverso la riscrittura di nuove regole ma attraverso la sospensione delle vecchie che vengono aggirate attraverso le concrete misure di governo. Siamo quindi in una fase di transizione in cui la prosecuzione delle politiche liberiste non avviene oggi attraverso politiche di austerità che però non è per nulla escluso che possano tornare centrali nel medio periodo.

Il punto di fondo è che nella crisi della globalizzazione nessun paese europeo è autosufficiente e può pensare di giocare e vincere la partita da solo. Per questo le classi dominanti dei paesi centrali stanno guidando questo percorso al fine di perpetuare il loro dominio senza pagare prezzi per il fallimento delle politiche di austerità praticate negli ultimi decenni. L’idea di un superstato europeo competitivo nello scenario mondiale e a trazione franco-tedesca, dunque, non solo non è in contraddizione, ma è rafforzata dalla scelta dello stanziamento del Next generation Eu. In primo luogo, perché sulle tecnologie di riconversione le imprese tedesche sono all’avanguardia. In secondo luogo, perché il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) è stato solo sospeso, ma non modificato ed è pronto a tornare in azione. In terzo luogo, perché le condizionalità del Next e del Recovery hanno indotto meccanismi di commissariamento politico ed economico, come dimostra il caso italiano. Lungi dal rappresentare un meccanismo di reale solidarietà europea, i fondi del Next rappresentano un cambio di strategia delle classi dominanti che non si può sottovalutare e va analizzato, al di là degli impegni roboanti quanto inaffidabili sulla riconversione ecologica.
La temporanea sospensione del Mes e delle politiche di austerità, imposta dalla pandemia Covid, non modifica dunque la natura dell’UE e ne conferma invece la irriformabilità.
Oggi è quanto mai necessario riprendere un’iniziativa su scala europea di denuncia delle conseguenze sociali della pandemia Covid e di critica alle condizioni con cui vengono erogati e utilizzati i fondi europei. In primo luogo, occorre rivendicare la giustezza della campagna no profit on pandemic, sostenuta di fatto anche dal voto del Parlamento europeo, a fronte della vergognosa posizione della Commissione, complice di Big Pharma. Bisogna ricordare che nessuna vera agenda ambientale sarà praticabile finché l’Ue sarà promotrice di accordi di libero scambio, che rendono non vincolanti gli standard ambientali e in materia di diritti umani e del lavoro o finché saranno finanziate dalla BEI opere come la TAP. Bisogna chiedere, senza se e senza ma, la fine del MES, a cui il PD e le destre vergognosamente volevano fare ricorso durante i primi mesi della pandemia.

Rifondazione Comunista si impegna quindi ad aprire una lotta politica e costruire un movimento di massa contro le politiche dell’Unione Europea, i trattati liberisti che la governano, le politiche monetarie e fiscali ad essi collegate, il pareggio di bilancio in Costituzione. Il nostro obiettivo è quello di costruire una strategia di fuoriuscita dalle politiche neoliberiste dell’UE e di rompere la gabbia dei Trattati, condizioni essenziali per dare concretezza ad una alternativa per l’Europa. Tempi e modalità di questa prospettiva saranno determinati dallo sviluppo di un movimento sia nazionale che europeo, dalle contraddizioni e dalle rotture che si apriranno negli anelli deboli dello scenario europeo e dalla capacità di portare avanti una strategia più generale basata su un nuovo ruolo pubblico in economia, la riconversione sociale ed ambientale, la nazionalizzazione delle banche e delle principali aziende strategiche, la tutela dei salari e del potere di acquisto dei ceti popolari.
Una vera e propria agenda europea dei conflitti insieme alle lotte per la piena attuazione delle Costituzioni nate dalla Resistenza rappresentano il migliore antidoto alla deriva dei “sovranismi nazionali”. Ci battiamo per una diversa costruzione europea di tipo confederale tra popoli e paesi che comprenda l’area euromediterranea ed i vari “meridioni”, sviluppando il dialogo con altri partners internazionali non facenti parte del blocco euroatlantico (BRICS). In questa prospettiva si evidenzia la necessità della fine della subalternità atlantica, di uscita dalla NATO e della costruzione di una politica estera europea non allineata e fondata sulla ricerca della pace e sul disarmo, sulla cooperazione internazionale e sul multipolarismo.
Contro un’Europa che mette al primo posto gli esecutivi e le tecnocrazia, espropriando così i poteri delle rappresentanze, vogliamo rilanciare il ruolo dei parlamenti, sia quello europeo che quelli nazionali, nel controllo delle scelte sociali ed economiche come nella elezione e verifica degli esecutivi.
Occorre evidenziare come le politiche di austerità sin qui praticate siano non solo dannose ma del tutto arbitrarie perché se oggi vi sono i soldi non si capisce perché abbiamo dovuto subire tagli draconiani negli anni scorsi. Il nostro obiettivo è di spendere il denaro oggi a disposizione per sviluppare il pubblico, i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori a partire dalla riduzione d’orario e dalla riconversione ambientale delle produzioni. In questa prospettiva, il pubblico lungi dall’essere l’ancella finanziatrice delle imprese private, deve essere fondato sull’egualitarismo e sul controllo da parte dei lavoratori/trici e dei cittadini/e in una pratica di radicale democratizzazione dell’economia.

In questo quadro:

  • Chiediamo che la BCE svolga strutturalmente la funzione di prestatrice di ultima istanza nei confronti degli stati e di una spesa pubblica europea finalizzata alla costruzione di un reddito di base europeo, di un salario minimo europeo, alla lotta contro il gender pay gap, ad una rapida riconversione ambientale e sociale delle produzioni e dell’economia. Sosteniamo le iniziative nazionali ed internazionali finalizzate a far pressione sulla BCE affinché cancelli (o trasformi in debito perpetuo senza interessi) quella parte dei debiti statali, contratti per far fronte all’emergenza pandemica, che sono in suo possesso e ciò al fine di consentire ai paesi europei nuovi margini di spesa per finalità pubbliche condivise.
  • Rivendichiamo che la riconversione ambientale delle produzioni e dell’economia deve essere molto più rapida di quanto previsto e non può seguire le strade sin qui ipotizzate. Non può cioè essere dettata dai tempi delle convenienze delle imprese e dall’individuazione prioritaria di nuove merci “compatibili” attorno a cui costruire un mercato. Si tratta di praticare una riconversione ambientale guidata dal pubblico e fondata sulla demercificazione e sulla riduzione del mercato a favore di una estensione dei diritti.

Occorre affrontare la crisi del Covid proponendo un modello di sviluppo alternativo a quello delineato dalle classi dominanti: un modello sociale europeo fondato sulla drastica riduzione dell’orario di lavoro, sulla giustizia sociale, sulla riconversione ambientale e sulla costruzione di un welfare europeo integrale.
A tal fine è necessario potenziare il ruolo del Partito della Sinistra Europea, rendendolo più efficace nella costruzione di una comune lotta politica e sociale a livello continentale. Va valorizzato il ruolo di transform! europa e transform! italia per il lavoro politico e culturale e nella “battaglia delle idee” che svolgono. La campagna per la moratoria sui brevetti e l’accesso a cure e vaccini anti-covid rappresenta un’esperienza positiva di azione congiunta nello spazio politico europeo che ha visto cooperare i partiti della sinistra europea, le organizzazioni sociali e i movimenti di tutti i paesi con un ruolo centrale del gruppo parlamentare europeo della Sinistra (Gue-Ngl).
Importante anche sviluppare l’esperienza delle/degli aderenti individuali al Partito della Sinistra Europea.

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