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Fin dalle origini del movimento nazionalsocialista, Hitler guardò a Mussolini e al fascismo come a un suo modello. Accomunavano i due movimenti il nazionalismo, l’anticomunismo, il disprezzo per la democrazia, l’uso della violenza e il razzismo, che in Germania prese la forma estrema dell’antisemitismo ma di cui il fascismo aveva già dato ampia prova nelle sue attività imperialiste in Africa.
L’andamento della politica internazionale rafforzò progressivamente i legami fra l’Italia fascista e la Germania nazista, specie dopo la guerra all’Etiopia (1935-36) e la proclamazione dell’Impero, che fecero entrare l’Italia in rotta di collisione con la Francia e, specialmente, con la Gran Bretagna, in cui Hitler e Mussolini trovarono dunque un nemico comune.
Quando, nel 1938, si manifestarono con evidenza le tendenze tedesche alla guerra, fu Mussolini a mediare fra la Germania di Hitler, la Francia di Daladier e la Gran Bretagna di Chamberlain, al summit di Monaco (29-30 settembre 1938). In quella sede fu lasciata mano libera a Hitler perché scatenasse la sua offensiva ad Est, nella speranza che colpisse solo l’Unione Sovietica. Il discutibile patto di non aggressione Molotov-Ribbentrop, stipulato a Mosca il 23 agosto 1939 (che tante critiche provocò anche fra i comunisti italiani), vanificò almeno in parte questo disegno delle potenze europee, e nel 1939 la Germania scatenò infatti la sua guerra a Ovest.
Nel frattempo Mussolini aveva stipulato con Hitler (accolto trionfalmente in Italia nel maggio 1938) e il cosiddetto “Patto d’Acciaio (25 maggio 1939), in cui si sancivano:
“gli stretti legami di amicizia e di solidarietà che esistono fra l’Italia fascista e la Germania nazionalsocialista. Il popolo italiano ed il popolo tedesco, strettamente legati tra loro dalla profonda affinità delle loro concezioni di vita e dalla completa solidarietà dei loro interessi, sono decisi a procedere, anche in avvenire, l’uno a fianco dell’altro (…).”
Rientra in questo quadro anche la vergogna delle leggi razziste antisemite (“Leggi razziali”) annunciate da Mussolini a Trieste il 18 settembre 1938 definendo l’ebraismo “un nemico irreconciliabile del Fascismo”.
La legislazione antisemita prevedeva fra l’altro il divieto di matrimonio con ebrei, il divieto per gli ebrei di avere alle proprie dipendenze domestici “di razza ariana”, il divieto per tutte le pubbliche amministrazioni, per le banche e le assicurazioni di avere dipendenti ebrei, il divieto di svolgere la professione di notaio e di giornalista, l’espulsione dei bambini, delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze dalle scuole, e l’esclusione di docenti e studenti ebrei dalle Università, e perfino il divieto per le scuole di utilizzare libri di testo alla cui stesura avesse partecipato in qualche modo un ebreo. Fu anche vietato agli ebrei di svolgere il servizio militare, di esercitare il ruolo di tutore di minori, di essere titolari di aziende dichiarate di interesse per la difesa nazionale, di essere proprietari di terreni o di fabbricati urbani. Furono censiti i macchinari delle industrie di ebrei (in previsione di un futuro esproprio), fu proibito loro di possedere armi e furono anche sequestrate le sciabole d’ordinanza degli ufficiali ebrei, compresi i reduci della Prima Guerra mondiale. Per tutti fu disposta l’annotazione “di razza ebraica” nei registri dello stato civile.
Il re Savoia firmò questa infame legislazione in aperta violazione dello stesso Statuto albertino.
A sostegno dell’antisemitismo fascista presso l’opinione pubblica fu pubblicato il 14 luglio 1938, un “Manifesto della razza”, in dieci punti, del tutto privi di qualsiasi minimo fondamento scientifico e storico (come chiunque leggendolo potrà constatare in Materiali: Il Manifesto della Razza). Ad esempio: “Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola”; “Dopo l’invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione”; “I quarantaquattro milioni d’Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l’Italia da almeno un millennio”; “Tutta l’opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l’indirizzo ariano-nordico”; “Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l’occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all’infuori del ricordo di qualche nome”; e così via delirando.
MATERIALI: MANIFESTO DELLA RAZZA
- LE RAZZE UMANE ESISTONO. L’esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano a ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.
- ESISTONO GRANDI RAZZE E PICCOLE RAZZE. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente.
- IL CONCETTO DI RAZZA È CONCETTO PURAMENTE BIOLOGICO. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.
- LA POPOLAZIONE DELL’ITALIA ATTUALE È NELLA MAGGIORANZA DI ORIGINE ARIANA E LA SUA CIVILTÀ È ARIANA. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L’origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell’Europa.
- È UNA LEGGENDA L’APPORTO DI MASSE INGENTI DI UOMINI IN TEMPI STORICI. Dopo l’invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l’Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d’Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l’Italia da almeno un millennio.
- È TEMPO CHE GLI ITALIANI SI PROCLAMINO FRANCAMENTE RAZZISTI. Tutta l’opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l’indirizzo ariano-nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare l’italiano a un ideale di superiore coscienza di sé stesso e di maggiore responsabilità.
- È NECESSARIO FARE UNA NETTA DISTINZIONE FRA I MEDITERRANEI D’EUROPA (OCCIDENTALI) DA UNA PARTE E GLI ORIENTALI E GLI AFRICANI DALL’ALTRA. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l’origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.
- GLI EBREI NON APPARTENGONO ALLA RAZZA ITALIANA. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l’occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all’infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l’unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.
- I CARATTERI FISICI E PSICOLOGICI PURAMENTE EUROPEI DEGLI ITALIANI NON DEVONO ESSERE ALTERATI IN NESSUN MODO. L’unione è ammissibile solo nell’ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono a un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall’incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.
Questo “Manifesto” fu sottoscritto da oltre 360 accademici e intellettuali italiani, fra cui padre Agostino Gemelli, fondatore dell’Università Cattolica; Guido Landra, assistente alla cattedra di Antropologia all’Università di Roma (ritenuto l’estensore materiale del manifesto della razza); Nicola Pende, direttore dell’Istituto di Patologia Speciale Medica dell’Università di Roma; Lino Businco, assistente alla cattedra di Patologia Generale all’Università di Roma; Lidio Cipriani, professore di Antropologia all’Università di Firenze; Arturo Donaggio, direttore della Clinica Neuropsichiatrica dell’Università di Bologna e presidente della Società Italiana di Psichiatria; Leone Franzi, assistente nella Clinica Pediatrica dell’Università di Milano; Marcello Ricci, assistente alla cattedra di Zoologia all’Università di Roma; Franco Savorgnan, professore ordinario di Demografia all’Università di Roma e presidente dell’Istituto Centrale di Statistica; Sabato Visco, direttore dell’Istituto di Fisiologia Generale dell’Università di Roma e direttore dell’Istituto Nazionale di Biologia presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche; Edoardo Zavattari, direttore dell’Istituto di Zoologia dell’Università di Roma; Dino Alfieri, Ministro della Cultura popolare; Arrigo Solmi, Giurista, Accademico e Ministro di Grazia e Giustizia, etc.
Mai la cultura e la scienza italiane erano cadute così in basso.
In Germania, l’anti-semitismo, apertamente teorizzato da Hitler già nel suo diffuso libro programmatico Mein Kampf (“La mia battaglia”), aveva segregato sin dal 1933 gli ebrei dalla vita sociale ed economica del Paese e li aveva sottoposti a violenze e angherie di ogni tipo. Gli ebrei e le altre minoranze (come i Rom e gli omosessuali) furono oggetto dal 1941 di un piano d’internamento e di sistematico sterminio noto con il nome di “Soluzione finale” (cioè l’eliminazione fisica di tutti gli ebrei, donne, vecchi e bambini compresi), che riguardò non solo la Germania ma tutti i territori via via occupati dai tedeschi durante la guerra, per un totale di circa 6 milioni di vittime.
Una rivista ferocemente antisemita, “La difesa della razza”, fu stampata in 140.000 copie e diffusa sotto-costo. La dirigeva Telesio Interlandi, già direttore del quotidiano “Il Tevere”, massone, segretario dei giornalisti romani; il segretario di Redazione di “La difesa della razza” era Giorgio Almirante, futuro segretario del MSI.
L’Italia di Mussolini partecipò attivamente allo sterminio, fornendo elenchi e indirizzi, collaborando con le sue forze dell’ordine e svolgendo attività di delazione (peraltro retribuita lautamente: consegnare un uomo valeva 5 mila lire, una donna 3 mila lire, un bambino 1.500 lire).
“Nell’ambito della Repubblica di Salò l’antisemitismo venne portato alle conseguenze più estreme, sia con provvedimenti direttamente promossi dal ministro degli Interni Guido Buffarini Guidi (circolare del dicembre 1943 per l’internamento di tutti gli ebrei), sia con la collaborazione di assai numerosi “bravi italiani” alle razzie e alle deportazioni tedesche, sia infine con la propaganda razzista promossa da Giovanni Preziosi.”1
Gli ebrei italiani erano al tempo circa 40.000, dei quali 11.000 vivevano a Roma (in una delle più antiche comunità ebraiche d’Europa, testimoniata fin del I secolo). Il computo preciso degli ebrei deportati dall’Italia e uccisi è assai difficile, anche per l’intenzionale distruzione delle prove da parte dei tedeschi: ma l’Elenco dei Deportati Ebrei dall’Italia negli anni 1943-1944, a cura del Comitato Ricerche dei Deportati Ebrei (sono 421 pagine dattiloscritte, del 1953) annovera un totale di 6.885 nominativi, a cui si aggiungono i reduci per un totale di 7.495. (Digital Library).
Nella ricerca più importante sul tema, condotta da Liliana Picciotto2 si fa (nell’edizione del 2002) il numero di 8.900, con un incremento di circa 100 nominativi (nel frattempo emersi) rispetto alla prima edizione (del 1991).
Il 16 ottobre 1943 dalle ore 5,15 del mattino, i tedeschi rastrellarono nelle loro case tutti gli ebrei romani3, catturando 1.769 persone4, fra cui oltre 200 bambini (neonati compresi); furono avviati ad Auschwitz in 18 vagoni piombati dalla stazione Tiburtina: solo 15 uomini e una donna faranno ritorno, nessun bambino.
MATERIALI: GIACOMO DEBENEDETTI, IL 16 OTTOBRE
Per saperne di più:
F. Giustolisi, L’armadio della vergogna, Roma, Beat, 2011
ANED, “Reprimere, obbedire, deportare”, kit didattico: https://www.deportati.it/wp-content/static/EDU-KIT-Aned-Repressione-fascista-RSI.pdf
Il corso online “Storia e memoria delle Deportazioni nazifasciste” prodotto dall’ANED e realizzato dall’Associazione Lapsus sulla piattaforma universitaria eduopen.org è stato completato da quasi 2.000 persone. Ed è sempre online. vedi la presentazione: https://www.youtube.com/watch?v=flYlx203B84
Nel sito dell’ANED c’è il corso online gratuito “Storia delle deportazioni nazifasciste” (https://deportati.it/non-categorizzato/al-via-un-corso-online-aned-lapsus-sulle-deportazioni/) con riflessioni sul contesto sociale e politico di allora. Il corso si struttura in 6 moduli che sono fruibili in modo autonomo; solo chi desiderasse ottenere al termine l’attestato di frequenza è vincolato a visionare tutti i video e a completare tutti i test.
1 Da L. Ganapini – I Insolvibile – C. Silingardi – P. Papotti – G. Baldini, Promemoria, https://promemoria.anpi.it/la-resistenza/.
2 L. PICCIOTTO, Il libro della memoria. Gli ebrei deportati dall’Italia (1943-1945), Milano, Mursia, 2002. Cfr. anche C. DE SIMONE, Roma città prigioniera. I 271 giorni dell’occupazione nazista (8 settembre ’43- 4 giugno ’44), Milano Mursia, 1994 (il volume è arricchito da utilissime Schede didattiche, a cura di Maria Laura Angioni).
3 Nonostante che nel settembre 1943 gli ebrei romani avessero consegnato a Kappler 50 chili d’oro in cambio della promessa di non essere deportati. Su questa vicenda si veda il film di Carlo Lizzani, L’oro di Roma (del 1961).
4 Secondo altre ricostruzioni 1.022.