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Il quarto di secolo successivo alla fondazione della Repubblica, malgrado il varo della Costituzione, sarà caratterizzato dall’anticomunismo, piuttosto che dall’antifascismo. La guerra fredda, il dichiarato filo-atlantismo dei governi a guida democristiana sfociò in un vero e proprio conflitto interno strisciante, seppure a “bassa intensità”.
I neofascisti furono sempre protagonisti e responsabili di questa scia di sangue che percorre per intero la storia repubblicana (attentati, omicidi, congiure, provocazioni, razzismo, etc.), così si può ben dire che, anche se non fosse esistito un rapporto di continuità con il fascismo (peraltro dai neofascisti sempre rivendicato), il neofascismo in quanto tale rappresenta uno degli orrori della nostra società.
A più riprese furono messe in atto strategie golpiste: uno dei tentativi più pericolosi si verificò in coincidenza con i primi Governi di centro-sinistra, che prevedevano l’ingresso nell’esecutivo di ministri socialisti. Il leader socialista Pietro Nenni (1891-1980) parlò allora di “rumor di sciabole”, che doveva servire (ed effettivamente servì) ad attenuare drasticamente o annullare le istanze riformatrici.
Fu il “Piano Solo”, organizzato nell’estate del 1964 dal Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, Giovanni De Lorenzo, con la diretta partecipazione del Presidente della Repubblica, il democristiano Antonio Segni (1891-1972).
Il generale De Lorenzo era stato a capo del SIFAR (Servizio Informazioni delle Forze Armate) dal 1955 al 1962, impegnandosi in una vastissima attività di “dossieraggio”, e da comandante dell’Arma si era distinto per un’accentuata militarizzazione dei carabinieri che li rendeva del tutto operativi anche al di fuori delle normali linee di comando dell’Esercito.
Il “Piano Solo” (così chiamato perché prevedeva solo l’impiego dei carabinieri) sembra che contemplasse il presidio della Rai-Tv, l’occupazione delle sedi dei giornali e dei partiti di sinistra e l’intervento dell’Arma in caso di manifestazioni popolari. Secondo altre fonti in esso era inclusa una lista di 731 uomini politici e sindacalisti di sinistra “enucleandi”, cioè che i carabinieri avrebbero dovuto prelevare e trasferire in varie sedi, tra cui la base militare segreta di Capo Marrargiu.
Peraltro il SIFAR aveva preparato negli anni ben 34.000 dossier di informazioni personali relative a cittadini italiani. Il Piano fallì, anche per un grave malore che il 7 agosto colse Segni durante un drammatico colloquio con Moro e Saragat e che portò alla fine della sua Presidenza[1].
La Commissione parlamentare d’inchiesta che si occupò del caso escluse il tentato colpo di Stato, e considerò il “Piano Solo” solo come una “bozza”, non attuabile, definendolo «una deviazione deprecabile» ma non un tentativo di colpo di Stato.
I Governi di centro-sinistra che seguirono imboccarono definitivamente la strada del moderatismo e della continuità con la politica dei Governi centristi.
Il generale De Lorenzo rimase a capo dell’Arma dei carabinieri fino al 1966, fu promosso Capo di Stato maggiore dell’Esercito e approdò infine al Parlamento, prima fra i monarchici e poi nelle fila del MSI.
[1] Cfr. S. Zavoli, La notte della Repubblica, Roma, Nuova ERI, 1992.